In un angolo incontaminato lungo l'antica
via Flaminia, emergono i significativi resti della
Villa di Livia, moglie di
Augusto. Denominata dalle fonti antiche
ad gallinas albas, in ricordo di uno straordinario evento occorso a Livia mentre si recava nei suoi possedimenti, narrato da Plinio con queste parole: “…a Livia Drusilla…un’aquila lasciò cadere dall'alto in grembo…una gallina di straordinario candore che teneva nel becco un ramo di alloro con le sue bacche. Gli aruspici ingiunsero di allevare il volatile e la sua prole, di piantare il ramo e custodirlo religiosamente. Questo fu fatto nella villa dei Cesari che domina il fiume Tevere presso il IX miglio della Via Flaminia, che perciò è chiamata alle Galline; e ne nacque prodigiosamente un boschetto.” (Plin. nat. XV, 136-137).
La precisa collocazione topografica e gli imponenti muri di sostruzione della
basis villae, da sempre in vista, hanno esposto il complesso a ripetute spoliazione dalla fine dell’Impero in poi. Nel 1863, alcune fortunate ma non adeguatamente documentate esplorazioni, hanno portato al rinvenimento, dapprima della famosa statua di Augusto loricato, ora ai Musei Vaticani, e subito dopo della stanza seminterrata con le pareti affrescate dalle note pitture di giardino, staccate nel 1951 a scopo conservativo e trasferite al Museo Nazionale Romano e ora esposte a Palazzo Massimo alle Terme.
Grazie alle ricerche archeologiche della Soprintendenza Speciale di Roma, è stato possibile scoprire buona parte delle strutture antiche. Varcare la soglia della Villa immette negli ambienti privati dove sono ancora visibili le camere da letto,
cubicula, di Livia e dell’imperatore, l’atrio e un piccolo giardino interno, e la zona di rappresentanza, costituita da grandi ambienti che si affacciano sul peristilio. Tutto il complesso aveva le pareti affrescate e i pavimenti a mosaico e in
opus sectile. Una grande terrazza porticata con giardino, probabilmente il
lauretum ricordato dalle fonti, ornava il lato orientale della residenza imperiale, da cui si poteva ammirare il Tevere.
Recenti indagini hanno rivelato diverse fasi dopo quella di epoca giulio-claudia: una degli inizi dell’età flavia, testimoniata dalla presenza di ben due
piscinæ calidæ e una
natatio, e una successiva, del periodo severiano, caratterizzata da una radicale ristrutturazione.
Dalla fine dell’Impero il complesso è stato oggetto di ripetute spoliazioni.
Nell’
Antiquarium, posto presso l’attuale ingresso dell’area archeologica, sono esposti i reperti più significativi rinvenuti nel sito.
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