La Basilica si erige sul colle Esquilino, in un’area caratterizzata da importanti complessi archeologici, e presenta un’articolata stratificazione delle fasi costruttive. In occasione del rifacimento della pavimentazione avvenuto nella seconda metà degli anni ‘50 sono emerse importanti preesistenze a partire dall’età repubblicana, epoca alla quale datano tre domus che subirono successive trasformazioni, fino ad assumere la funzione di
Domus Ecclesiae.
La prima basilica paleocristiana, sorta sui resti delle costruzioni precedenti, perì in breve tempo e fu ricostruita sotto il pontificato di Sisto III (432-440) nel 439. È conosciuta anche come basilica
Eudossiana dal nome di Elia Eudossia e Licinia Eudossia, rispettivamente moglie e figlia dell’imperatore d’Oriente Teodosio II, promotore dei lavori. La tradizione vuole che la giovane imperatrice abbia voluto donare al papa allora regnante le catene che avevano tenuto legato Pietro durante la sua prigionia a Gerusalemme, dove le reliquie furono rinvenute dalla madre Elia Eudossia. Inizialmente la basilica fu dedicata agli Apostoli ma ben presto l’affermarsi del culto delle catene (
vincula) ivi custodite, ne trasformò la denominazione.
Abbellita da pregevoli ed importanti opere d’arte, la chiesa ha subito varie trasformazioni nel corso dei secoli, e principalmente tra il XV e il XVI quando illustri cardinali della famiglia Della Rovere ne divennero titolari: tra loro due futuri papi, Sisto IV (1471-1484) e Giulio II (1503-1513). Ai radicali interventi di restauro rovereschi si deve l’assetto rinascimentale della chiesa, iniziato con la costruzione del portico in facciata al posto del primitivo nartece, nonché il palazzo del cardinale titolare, sul lato nord, e l’annesso convento sul lato opposto, che dopo l’Unità d’Italia fu adibito a sede della Facoltà di Ingegneria.
La magnifica
tomba di Giulio II, alla quale
Michelangelo ha dedicato quarant’anni di travagliato lavoro, dal 1505 al 1545, ne è l’opera più rappresentativa. Il monumento, addossato alla parete sud del transetto, è la versione definitiva e semplificata di un progetto molto più ampio, destinato inizialmente alla basilica di San Pietro in Vaticano, al quale l’artista mise mano più volte, anche col contributo di aiuti, e costituisce un esempio unico e significativo della tormentata vicenda artistica ed intellettuale di Michelangelo. I restauri effettuati tra il 1999 e il 2003, e da ultimo nel 2016, hanno consentito di distinguere i ripensamenti e le parti modificate dal Maestro e di compiere un riesame critico della storia costruttiva del monumento nel contesto architettonico della chiesa.
L’interno, a tre navate, presenta in quella centrale una volta lignea a sesto ribassato, disegnata nel 1705 da Francesco Fontana, con al centro la raffigurazione del Miracolo delle catene dipinto dal genovese Giovanni Battista Parodi (1674-1730), mentre la tribuna, che insiste sull’area precedentemente occupata dall’abside paleocristiana, è interamente decorata da un ciclo di affreschi pure incentrati sulla storia delle venerate catene, dipinto dall’artista fiorentino Jacopo Coppi (1523-1591) nel 1577. L’area presbiteriale subì un rilevante cambiamento nella seconda metà del XIX secolo, sotto il pontificato di Pio IX, ad opera dell’architetto Virginio Vespignani che vi eresse il maestoso ciborio sovrastante la Confessio o cripta, nel cui altare è riposta la preziosa urna reliquiario disegnata da Andrea Busiri, ove sono custodite le sacre catene di san Pietro.
La Basilica appartiene al Demanio dello Stato ed è in consegna alla Soprintendenza