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10/04/2022
La certezza del non ritorno nelle culture nate nella diaspora, il seminario al Drugstore Museum
Il Drugstore Museum, in via Portuense 317, è un centro nevralgico del fare cultura come elemento di conoscenza e di reciprocità nel contesto delle periferie storiche romane. Nell’ambito della rassegna “Quei loro incontri…”, si terrà domenica 10 aprile 2022 alle ore 15.00 il seminario sulle culture diasporiche “La certezza del non ritorno” di Gianni Morelembaum Gualberto e i contributi video con la regia di Sara Palma.
L’iniziativa è promossa dalla Soprintendenza Speciale di Roma, diretta da Daniela Porro, con il referente dell’area Patrimonio DEA e Immateriale, Alessio De Cristofaro, in collaborazione con Mujeres nel Teatro.
Il seminario “La certezza del non ritorno” analizza il tema delle culture diasporiche. “La diaspora possiede una sua irrimediabile personalità, una sua tragica grandezza rispetto alle migrazioni, alle deportazioni, alle fughe di etnie e popoli, ai nomadismi più o meno spontanei succedutisi nella storia del genere umano: in essa non vi è la possibilità del ritorno, la cui speranza è spesso tenuta in vita simbolicamente, come fattore di aggregazione resistenziale”. Come si costruisce un’identità nella dispersione? Come si preserva una unitarietà nella disgregazione? L’incontro di domenica 10 aprile a cura di Gianni Morelembaum Gualberto focalizza l’attenzione su questi aspetti isolando due casi studio: la diaspora ebraica e quella degli africani e dei loro discendenti in Europa, Asia e nelle Americhe.
“Nella Diaspora ebraica, - scrive Morelembaum Gualberto - la più significativa e tragica, l’idea del ritorno era intrinseca, nella sua apparente impossibilità, alla ritualità del credo religioso che, peraltro, ha fatto da collante nel preservare l’unicità dell’esperienza ebraica. Forse persino più irrimediabile l’esperienza vissuta dalla Diaspora degli africani e dei loro discendenti in Europa, in Asia, soprattutto nelle Americhe: segnata quasi indelebilmente per più di tre secoli nella psiche come nel fisico dalla schiavitù, proveniente da luoghi geografici diversi e da contesti sociali tribali spesso ostili fra di loro, è stata privata definitivamente della possibilità di un ritorno in aree in cui si sono sedimentate altre esperienze umane, politiche, etniche, sociali che impediscono una qualsiasi possibilità di riunificazione a popolazioni integrate, se non del tutto assimilate, nei luoghi di schiavitù. Delineare una Wirkungsgeschichte delle due grandi Diaspore storiche (cui, per affinità e entità di risultati, andrebbe affiancata anche la Diaspora armena, dopo il 1375 e dopo il 1915) è ancora oggi impresa ardua, non solo per la loro estesa ramificazione, ma per il numero di sincretismi che hanno prodotto, per l’influenza che in diversi momenti hanno esercitato e esercitano in più ambiti laddove si sono dislocate, per la negoziazione costante fra integrazione e assimilazione, per i rapporti che hanno intrattenuto e continuano a intrattenere, pur fra dinamiche compresse e alterne, fra di esse”.
Perché interrogarsi sulle culture nate nella diaspora proprio in questo momento storico? Sicuramente è di fondamentale importanza per tracciare una analisi del patrimonio culturale demoetnoantropologico e per contribuire a dare una lettura critica del presente anche in riferimento ai flussi migratori e alle loro cause, all’esplosione dei conflitti e alle loro conseguenze.
Info e prenotazioni: ss-abap-rm.drugstore@beniculturali.it

 
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