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Ritratto d'archeologo: Rodolfo Lanciani
In occasione delle Giornate Europee dell'Archeologia 2020, il Servizio educativo della Soprintendenza Speciale di Roma ha curato una rubrica dal titolo "Ritratto d'archeologo" dedicato alla figura di Rodolfo Lanciani.
 La lunga e operosa vita di Rodolfo Lanciani si snoda tra la metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento e si intreccia inevitabilmente con la radicale trasformazione urbanistica, sociale e istituzionale di Roma che, in quegli anni, si appresta a diventare la capitale dell’Italia appena unificata. Raccontare la sua storia ci permette di ricordare sia un momento cruciale per la formazione della disciplina archeologica e della definizione normativa della tutela del patrimonio storico-artistico sia un periodo fondamentale per la nascita della nostra nazione.
Nato a Roma nel 1845, Lanciani studia ingegneria ma da subito viene attratto dalle ricerche archeologiche; nel 1872, quando viene istituita la Commissione Archeologica Comunale, egli, appena venticinquenne, ne diviene Segretario: la Commissione ha il compito di vigilare sui ritrovamenti, descrivere e acquisire gli oggetti scoperti ed esprimere pareri sui lavori edilizi in rapporto alla conservazione delle antichità. In quegli anni, infatti, a Roma prendono avvio impegnativi cantieri urbani di competenza nazionale nei quali, per la prima volta, viene lasciato, seppur a fatica, uno spazio anche alle istituzioni archeologiche statali e municipali. Uno di questi grandi progetti urbanistici è l’arginatura del fiume Tevere.
La notte del 28 dicembre 1870, pochi mesi dopo l’annessione di Roma al Regno d’Italia, le acque del Tevere inondano la città con una tremenda violenza: Piazza di Spagna, Via del Corso, il Ghetto, Via della Lungara sono sommerse dall’acqua che supera i 17 metri di altezza. Subito viene nominata una Commissione con il compito di affrontare e risolvere il problema: i lavori partiranno solo nel 1875 e comporteranno la distruzione di gran parte del patrimonio storico romano ma anche numerose scoperte archeologiche che Lanciani registra e documenta puntualmente. Tra queste ci sono il Sepolcro di Sulpicio Platorino, ricostruito poi dal Lanciani stesso nel 1911 con i materiali superstiti in occasione delle manifestazioni celebrative del Cinquantenario dell'Unità d'Italia, e la Villa della Farnesina, una delle più suggestive testimonianze monumentali della Roma augustea, soprattutto per lo straordinario interesse delle decorazioni ad affresco, stucco e mosaico che furono subito distaccate e che oggi sono esposte nelle sale del Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo.
Nel 1888, Rodolfo Lanciani afferma: “Mi è impossibile nominare, ad una ad una le scoperte scientifiche di speciale importanza fatte sotto gli auspici della città di Roma”. Ma è l’intensa speculazione edilizia di quegli anni che permette la riscoperta di Roma antica e Lanciani partecipa ai tumultuosi dibattiti che seguono alle attività di distruzione: scrive invettive come quella memorabile contro gli aristocratici romani colpevoli di aver venduto e reso edificabili le loro ville, come nel caso esemplare di Villa Ludovisi; esalta il lavoro di scavo compiuto, citando gli 81 milioni di metri cubi scavati tra il 1872 e il 1885; critica la “nuova Roma” che si sta costruendo: “E’ impossibile immaginare niente di più banale, disarmonico […] dei nuovi quartieri che circondano la città del 1870. Gli amabili quartieri attraversati dalla via Salaria e dalla via Nomentana […] trasformati in una brutta città di antiestetiche case a cinque piani, simili più a caserme e granai”.
Eppure, gli scavi effettuati per l’intensa urbanizzazione portarono a scoprire aree ancora ricchissime di testimonianze archeologiche, come il quartiere Esquilino, dove vennero alla luce, tra l’altro, i ricchi giardini della Roma Imperiale, gli Horti Lamiani e di Mecenate vicino piazza Vittorio Emanuele, e una serie di sepolture databili tra la fine del IX secolo e il VII secolo a.C., la più importante necropoli arcaica di Roma.
Ancora sull’Esquilino, in quegli anni, furono inoltre individuati diversi tratti di Mura serviane, del VI secolo a.C., costruite in blocchi di cappellaccio, e dell’aggere, cioè un terrapieno sul fronte interno delle Mura a cui corrispondeva sul fronte esterno un fossato ed un muro di contenimento.
Proprio in prossimità dell’aggere ebbe luogo una scoperta che impressionò il Lanciani: nel corso della costruzione di un palazzo, all’improvviso si aprì “un baratro profondo dieci metri” e si scoprì che le fondamenta poggiavano in parte sul terreno di una grande fossa in cui lo studioso stimò che si trovassero 24.000 corpi, ormai ridotti in polvere.
Nel 1929, nella commemorazione funebre a lui dedicata, Lanciani fu definito “principe della Topografia romana”: tale definizione rendeva merito solo a una parte del suo vastissimo impegno in campo archeologico.
Innanzitutto, proprio per lui fu creata la cattedra di Topografia Romana all’Università di Roma, che egli resse dal 1878 per oltre quarant’anni.
Scrisse oltre 640 opere edite, tra cui I commentari di Frontino intorno alle acque e gli acquedotti, testo pionieristico per lo studio delle fonti, degli aspetti tecnici e dei percorsi degli acquedotti di Roma. Inoltre, alcune delle sue opere sono ancor oggi strumento indispensabile per la tutela archeologica della città di Roma, quali Storia degli scavi di Roma e notizie intorno le collezioni romane di antichità e la Forma Urbis Romae.
Storia degli scavi (1902-1912) traccia un percorso tra le scoperte archeologiche e le “licenze di cavar marmi antichi” dall’XI secolo fino al 1870, fondamentale anche per “ritrovare l’origine e riconoscere le vicende di moltissime opere d’arte, provenienti da Roma e dal suburbio, che adornano i musei del resto dell’Italia e dell’Europa”
La Forma Urbis Romae, pubblicata tra il 1893 ed il 1901, è una mappa dettagliata, composta da 46 tavole, dei rinvenimenti archeologici documentati da Lanciani e dagli assistenti della Commissione Archeologica Municipale durante i lavori per l'urbanizzazione della città. La carta, insieme con gli schizzi preparatori del Lanciani e dei suoi assistenti, conservati presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, spesso è l’unica testimonianza dei ritrovamenti di quegli anni. Come ebbe modo di affermare lo stesso Lanciani “Essa permetterà ai giovani che tentano le prime armi della nostra scienza di evitare le lunghe indagini, le veglie, le pazienti prove alle quali noi abbiamo dovuto assoggettarci quando ricercavamo i materiali per lo schedario topografico della città di Roma”
Incompiuto rimase invece il progetto di una Carta Archeologica della Campagna Romana, ma i suoi lavori preparatori sono conservati a Roma presso la Biblioteca di Archeologia e Storia dell’Arte, insieme alla collezione di manoscritti, disegni e stampe confluiti nel Fondo Lanciani, prezioso strumento per lo studio della Topografia di Roma Antica e per approfondire la figura di uno studioso “impegnato a rifondare scientificamente gli ambiti della disciplina archeologica attraverso l’ausilio della moderna topografia” .
Nelle foto: 1. Ritratto di Rodolfo Lanciani
2. Il Sepolcro di Sulpicio Platorino in un acquerello di E. Roesler Franz, 1887
3. La Villa della Farnesina a Palazzo Massimo
4. Sepolcro degli Statilii, 1875 (BSR, John Henry Parker Collection) http://www.bsrdigitalcollections.it/WebArk/jhp/photoprints/3301_3400/jhp_3301.html
5Le mura serviane e aggere nei pressi della chiesa di Sant’Antonio. BSR (John Henry Parker Collection) http://www.bsrdigitalcollections.it/WebArk/jhp/photoprints/3101_3200/jhp_3188.html
6. Corredi delle Sepolture Esquiline (BCom 1875, Tavv.VI-VIII) https://digi.ub.uni-heidelberg.de/diglit/bcom1875
7. Casale Romavecchia. Gruppo di studiosi amici di Thomas Ashby. Lanciani è il primo a sinistra (BSR, Ashby Collection) http://www.bsrdigitalcollections.it/details.aspx?Lanciani,
8. Forma Urbis Romae, Tav.28ID=16216&ST=SS 
9.Topografia di Roma Antica. I commentarii di Frontino intorno alle acque e gli acquedotti. Tav. IV 
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