#SoprintendenzAperta si arricchisce di contenuti rivolti ai più giovani e insieme al
Servizio Educativo della Soprintendenza Speciale di Roma continuiamo il percorso di conoscenza del mondo della scuola nell’antichità. Ed eccoci al secondo appuntamento con
La didattica a distanza… di secoli. Stavolta entreremo nel
Ludus grammatici, il corrispettivo dell’attuale scuola secondaria.
Al termine della scuola elementare (
Ludus litterarius), i ragazzi tra i 12 e i 15 anni di età si recavano alla scuola secondaria (
Ludus grammatici) sotto la guida di un
grammaticus per perfezionare la conoscenza del latino e per apprendere la lingua greca. L’insegnamento comprendeva lo studio di autori greci e latini e nozioni di storia, geografia e matematica.
Anche le fanciulle potevano essere allieve dei grammatici: un’iscrizione rinvenuta lungo la Via Appia ricorda il
grammaticus Pudente che fu precettore ed educatore di una giovane dell’aristocrazia romana, Emilia Lepida, figlia di Marco Emilio Lepido, console nel 6 d.C. e imparentato con la famiglia giulio-claudia. (Per chi volesse approfondire:
Epigraphic Database Roma EDR156244).
Il
grammaticus forse più famoso dell’antichità romana fu Lucio Orbilio Pupillo, originario di Benevento, maestro del poeta augusteo Orazio che in una delle sue Epistulae (2,1,68-71) lo definisce “
plagosus”, cioè manesco. Anche Svetonio (De Grammaticis, 9) ci racconta di lui: Orbilio visse fino a cento anni di età, non si arricchì con il suo lavoro e morì povero, fu di carattere aggressivo sia con i colleghi che con gli allievi, malgrado questo Benevento gli dedicò una statua marmorea collocata addirittura sul capitolium della città.
Ma il “
grammaticus” più famoso dei nostri tempi che vogliamo ricordare nell’anno del centenario della nascita del suo creatore è il Professor Grammaticus, protagonista di tante fiabe e filastrocche di
Gianni Rodari. Egli era “un signore tanto perbene, con i capelli bianchi che gli uscivano di sotto il cappello nero”, pedante di formazione ma animato da un forte desiderio di giustizia sociale, che girava per l’Italia correggendo i vari errori e con una visione molto moderna della didattica: “La gente non riflette, tira avanti in allegria: ma gli errori non perdonano e vi lasciano a mezza via” (da “Il libro degli errori”).